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L'uomo che parlava ai colori

Postato da Alberto Bertolazzi il
L'uomo che parlava ai colori

Era un perfezionista, Jacob Christoph Le Blon, e tutte le tipografie oggi gliene devono essere grate. Se non fosse stato così precisino, attento ai particolari e alle minuzie, oggi non esisterebbe la stampa a colori come la conosciamo. D'altra parte era nato pittore e miniaturista: buona parte della sua formazione era avvenuta alla scuola dell'incisore Conrad Meyer, un artista/artigiano svizzero che nel Seicento in Europa aveva la stessa fama che oggi attribuiamo a Picasso. Il buon Jacob era nato a Francoforte: vuol dire che respirava l'effervescente cultura tedesca del periodo post riforma, fatta di ardite considerazioni sulla "nuova scienza" e sulla diffusione del sapere. Ma nel sangue gli circolava l'amore per l'arte e per il colore ereditato dalla famiglia, le cui radici risalivano quasi fino a Gutenberg. Per la precisione, al tipografo belga Theodor de Bry, uno dei più famosi produttori di mappe, amico di geografi e viaggiatori, per molti versi editore rivoluzionario.

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Posto all'incontro di questi diversi flussi, Le Blon seppe creare qualcosa di nuovo, che fu alla base di un salto tecnologico cruciale, mettendo insieme filosofia e scienza. In un mondo che allargava la cultura a un numero sempre maggiore di persone e che vedeva nascere una classe di nuovi ricchi (i borghesi), era necessario estendere il consumo di arte. Come fare? La risposta del pittore-tipografo: proponendo un'alternativa alla copia manuale, e creando una tecnica di "stampa delle immagini" che ancora non esisteva. Le Blon era un aristotelico: credeva che la scienza potesse risolvere buona parte dei problemi. E aveva seguito gli studi sulla luce di Newton. La scienza gli venne quindi in soccorso grazie alla dottrina della tricromia.

In pittura, tre colori –  blu, giallo, rosso – possono ricreare quasi per intero la gamma cromatica. Quindi, trovando il modo più efficiente di trasferire, con la giusta trasparenza, i tre inchiostri sulla carta, sarebbe stato possibile realizzare una "macchina" da stampa in grado di riprodurre in svariate copie qualsiasi dipinto, miniatura o elemento grafico ben oltre il semplice bianco e nero delle incisioni. Grazie a un raschietto e a un bruciatore, lavorò tre lastre di rame, una per colore, e ne aggiunse una quarta: era dedicata al nero di mezzatinta, un'idea che risultò essere altrettanto vincente quanto rivoluzionaria. Come i caratteri mobili permettevano la riproduzione seriale del testo, la "quadricromia" di Le Blon avrebbe realizzato il sogno di creare copie a colori di qualsiasi illustrazione. Era nata la "nonna" del CMYK. 

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Le immagini che accompagnano l’articolo sono tratte dal libro I Colori di Stampa nel Graphic Design - CMYK&PMS, che illustra le tecniche di stampa attraverso alcuni dei progetti più sofisticati elaborati negli ultimi anni.

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